I PRIMI PASSI DELL’UOMO SULLA LUNA

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Hai idea di quante persone ci siano volute per mandare il primo uomo sulla luna ? Fermati un attimo a pensare. Centinaia di operai, fisici, astronomi, programmatori, impiegati e tecnici hanno dedicato una parte della propria vita solo ed esclusivamente per poter inviare i primi pionieri dello spazio ad infilzare (stick) il nostro satellite con una bandiera.

C’è chi magari ha progettato un pezzo piccolissimo della navetta, come un ingranaggio o un bullone (gear and bolt), tanto minuscolo quanto essenziale.

Altri hanno costruito i sedili (seats), altri ancora hanno calcolato la traettoria (trajectory) di viaggio, e c’è anche quel buon cristiano che si è preoccupato dei bisogni fisiologici (physiological needs) degli astronauti.

Tutti avevano un ruolo fondamentale e ciascuno ha svolto la sua parte in maniera impeccabile (perfect).

Come faccio a saperlo?

Basta guardare in alto, lontano, dove ci sono le impronte (footprints) che testimonieranno ai posteri il traguardo raggiunto.

Migliaia di persone impegnate in un unico progetto, ma un solo uomo a camminare sulla Luna.

Chissà se tutti si sentirono parte di uno degli eventi più importanti nella storia dell’umanità.

Mi chiedo se le segretarie che portavano a tutto lo staff il caffè di prima mattina si siano sentite orgogliose, e se, guardando l’allunaggio in bianco e nero sullo schermo, si siano dette “è anche merito mio”.

Io credo che ognuno di noi vorrebbe essere Neil Armstrong, almeno una volta.

Tra vent’anni non sarete delusi dalle cose che avrete fatto, ma da quelle che non avrete fatto, diceva M. Twain.

Questo è il motivo per cui scrivo.

Far scivolare la stilo (stylus pen) su di un foglio bianco mi fa sentire come un astronauta che galleggia nel vuoto dello spazio immenso.

Perché, siamo onesti, di opportunità per essere il numero uno nella vita ce ne sono poche.

Ma quando lasci che la fantasia ti trasporti verso orizzonti inesplorati, in cui i frammenti (scraps) di ricordi danzano con i sogni per formare storie uniche e incredibili, allora tutto cambia: solo in questa dimensione puoi essere quello che vuoi.

E dove sono le migliaia di persone che lo rendono possibile?

Tutti coloro che hai incontrato nella tua vita, tutti. Coloro cha hai amato, ma anche amici, parenti, ed estranei (outsiders) a cui hai stretto la mano (shake hand) una sola volta. Perché quando incontri qualcuno ti rimane qualcosa dentro.

Può essere un pezzo minuscolo del tuo animo, come fosse un ingranaggio (gear) della navetta, o può essere qualcosa che ti permette di andare avanti, similmente (likewise) ad un motore.

Poi ci sono persone che conosci da una vita, che viaggiano assieme a te, quasi fossero i tuoi Aldrin.

Quando scrivi una pare di te viene impressa tra le lettere; sembrerebbe che la vita traspiri dalle tue mani sulla biro, e giù fino alla carta quadrettata.

Se osservi con attenzione, tra una virgola ed un punto ci puoi ritrovare i tuoi genitori, la tua fidanzata, un tuo vecchio compagno di scuola o un tuo collega di lavoro.

Come se tutti partecipassero a un grande progetto.

Qualcuno potrebbe obbiettare che basta fantasticare per mettere in moto tutto questo complesso meccanismo.

In parte è vero, ma se non trascrivi quello che immagini non ne resterà nulla in
futuro.

Riempire (fill) una pagina di pensieri è un po’ come lasciare un’impronta.

Penso che tutti dovrebbero provare ogni tanto a svuotare (empty) la mente e a scrivere; aiuta a conoscere meglio sé stessi ed è una meravigliosa sensazione.

Insomma, (in conclusion) vuoi venire con me? Io continuerò a camminare sulla Luna.